Recensione Cercando Alaska

Cari lettori,
voglio farvi una domanda? Vi è mai capitato di iniziare un libro "sulla fiducia"?
Ti fidi dell'autore a tal punto che non ti interessi neanche della trama. Lo inizi e basta. Così, senza pensarci troppo. Ammetto che può essere un grosso rischio, ma vi assicuro che non esiste sensazione più bella del muoversi verso l'ignoto. Vivere pagina per pagina come se fossi tu stesso il protagonista. Mi capita sempre più spesso di leggere libri meravigliosi, ma di cui conosco già metà della trama. Leggi la quarta di copertina, la sinossi su un store online e sostanzialmente trovi il riassunto del libro. Ovviamente tutto dipende dalla premessa: ti fidi abbastanza dell'autore? In questo caso, la mia risposta è "Sì, di John Green leggerei anche la lista della spesa", per citare uno dei suoi personaggi.

Titolo: Cercando Alaska
Autore: John Green
Genere: Young Adult
Data di pubblicazione: 03/05/2005
Pagine: 324
Editore: Rizzoli
Collana: Rizzoli Narrativa
Prezzo: 14,00 









Trama:
Miles Halter, giovane timido e colto, lascia la sua casa in Florida per frequentare il terzo anno delle superiori alla prestigiosa Culver Creek Preparatory High School in Alabama. Qui conosce Chip, suo compagno di stanza, uno studente povero, ma brillante, ammesso alla scuola grazie ad una borsa di studio, e Alaska Young, ragazza enigmatica, imprevedibile, lunatica, divertente e molto sexy. Insieme i tre ragazzi trascorrono momenti di grande divertimento: bevono, fumano e inventano scherzi. Tutto questo fino a quando non avviene l'impensabile e le loro vite vengono sconvolte per sempre.

Il mio pensiero:
Scrivere questa recensione non è semplice: vorrei dire così tante cose che non so da dove partire.
Come avrete già capito dall'introduzione, non vi voglio aggiungere molto sulla trama perché non voglio rovinarvi le sorprese che questo libro vi riserverà. E non saranno poche.
La storia inizia con la partenza di questo ragazzo, Miles Halter, che ama leggere biografie di personaggi famosi e memorizzarne le Ultime Parole, quelle pronunciate prima di morire. (Come passione è davvero curiosa e ho letto che Green si iniziò ad interessare a queste da bambino e da qui deriva questa peculiarità del personaggio. Se volete approfondire, leggete "Last Words of Notable People" di William B. Bramms).

«Ecco, c'è questo signore» dissi, affacciandomi alla soglia del salotto. «François Rabelais. Poeta. E le sue ultime parole sono state: "Vado a cercare un Grande Forse." Ecco perché voglio andare via. Così non dovrò aspettare di essere in punto di morte per mettermi in cerca di un Grande Forse.»

Culver Creek si rivelerà per lui una piacevole sorpresa e qui farà la conoscenza di molti personaggi straordinari, come il brillante Chip alias "Il Colonnello", il rapper nippo-americano Takumi o Lara, la rumena dal dolce sorriso. Ad attirare subito l'attenzione di Miles, soprannominato "Ciccio" per la sua magrezza, è però Alaska Young.

“Così me ne tornai nella mia stanza e crollai sul letto, pensando che se gli esseri umani fossero precipitazioni atmosferiche, io sarei stato una pioggerella, lei un ciclone.”

Bisogna ammettere che si tratta senza dubbio di un personaggio immortale: sarà quel suo passare da momenti pieni di risate e battute ad altri in cui si lascia sopraffare da rabbia e delusione oppure l'alone di mistero che la circonda. Ciò che conta è che non si può certo trascurarla e così fa Ciccio. Quello su cui pone però Green l'attenzione in questi momenti è l'incompletezza dello sguardo di Ciccio su Alaska, cosa che gli verrà rimproverata più e più volte dalla ragazza. Nonostante questo, a causa della sua infatuazione, non può fare a meno di idealizzarla, non riuscendo così a comprendere la realtà e il suo vero dolore. Questo messaggio è un po' lo stesso che Green intende dare anche in "Città di Carta". Sia Ciccio che Q idealizzano la ragazza verso cui sono attratti, trasformandole così in qualcosa che si allontana dalla verità. Diventano dei miti, dei misteri che coprono il loro reale volto, ossia quello di due semplici ragazze fallibili e non perfette.
In molti criticano "Città di Carta" in quanto ci sono delle somiglianze tra i due libri. In effetti Margo deve un po' della sua personalità ad Alaska: il blu è usato da entrambe come colore della rivincita, entrambe sono intelligenti e infelici, hanno lo stesso effetto sui due protagonisti... Ciò per cui si differenziano è però lo scopo del libro. John afferma sul suo sito web che, in un certo senso, "Città di Carta" risponde a quelle domande che erano rimaste in sospeso in "Cercando Alaska" e verso cui l'autore provava un senso di fallimento. Il ragazzo o la ragazza fuori dal comune che arriva nella vita di qualcun nella norma, il cambiamento che ne seguo e la loro uscita di scena sono un tema comune nei romanzi di oggi. L'obiettivo del più recente libro è infatti comprendere i rapporti tra i due sessi, analizzare le relazioni tra le persone e come ci si può relazionare, anche se duramente, con chi può compiere scelte sbagliate o essere estremamente fastidioso. Non critico Green per questa sua scelta, anzi ne sono felice perché ho amato entrambi i libri. Il messaggio comune è quello di non trasformare il semplice in complesso, ma il primo fa riflettere molto sul dolore e su come "liberarsene", il secondo invece insegna come trovare se stessi.
Un'altra peculiarità del libro è poi quella fatidica data verso la quale ci si avvicina o allontana. Il libro è infatti suddiviso in due parti: il Prima e il Dopo. Nella prima parte, mentre si fa conoscenza dei personaggi e della vita a Culver Creek, si viene assaliti continuamente dalla curiosità: cosa succederà? Perché è così importante? Cosa cambierà?
In questa parte free-spolier non vi svelerò certo di cosa si tratta, ma vi dirò che anche il Dopo non vi libererà da quel senso di suspense presente nel Prima e la narrazione procederà senza cadute.

Leggete la parte fra i trattini solo se avete già letto il libro. Se non l'avete ancora fatto, fatelo.

--------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
La morte di Alaska è stata un colpo troppo duro. Mi sono sentito parte di quel gruppo di amici e mi è sembrato di aver vissuto le loro stesse esperienze: ho conosciuto Alaska, mi sono interessato a lei, me ne sono affezionato e poi l'ho persa. Ho sofferto con Ciccio, il Colonnello e gli altri. Ho provato rabbia, frustrazione e inutilità perché alla morte non c'è rimedio e non era più possibile fare qualcosa, qualsiasi cosa. Allora la ricerca di una risposta era diventata essenziale: quella notte è stato solo un incidente o Alaska si è suicidata?

"Immaginare il futuro sa di rimpianto [...] Passi la vita inchiodato nel labirinto, pensando al modo in cui un giorno ne uscirai, e a come sarà fantastico, e immagini che il futuro ti trascinerà piano piano fuori di lì, ma non succede. E' solo usare il futuro per sfuggire al presente."

Attraverso poi lo stesso percorso di Ciccio ho via via compreso che, alla fine non era così importante saperlo. Quell'evento ha provocato in me un grande dolore irrisolvibile, ma bisognava solo accettarlo. La vita è fatta anche di questo. La domanda che mi aveva tanto ossessionato è ancora lì, non se ne è andata e resterà lì per sempre. La vera domanda diventa quindi: si può andare avanti e sorpassare questo dolore? Gli uomini da sempre sono intimoriti da domande alle quali non trovano una risposta. L'unica soluzione è il saper convivere con queste ambiguità e non farsi consumare da ciò che non ha, e forse non avrà mai, una risposta.
Dopo questo libro la fase book hangover non è durata molto (a differenza di "Città di Carta"), ma non ho dubbi sul perché: sono andato avanti, così come è stato per i personaggi del libro. La morte situata a metà del libro mi ha dato il tempo per metabolizzarla e riuscire a comprendere il vero messaggio de libro.

"L'uomo vuole avere delle certezze. Non riesce a sopportare l'idea che la morte sia un nero e immenso nulla, il pensiero che i suoi cari non esistano più, e tanto meno può immaginare se stesso come non esistente. Conclusi affermando che l'uomo crede nell'aldilà perché non ha la forza di non crederci."
--------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

Questo romanzo di formazione (perché alla fine di questo si tratta) mi ha dato innumerevoli spunti su cui riflettere e mi ha fatto porre innumerevoli domande. Proviamo emozioni diverse nella nostra vita e questo perché viviamo molti momenti, tristi o felici che siano. Ciò che ci resta è quindi la speranza, di cui questo libro ne è pervaso. Delusione, sofferenza, dolore, errori commessi. Sono tutti irreparabili e non troveremo mai un rimedio, ma dobbiamo perdonare, accettare, andare avanti. Questa è l'unica via di uscita dal labirinto.

"Quando gli adulti, con lo stupido sorriso di chi crede di saperla lunga, dicono: “I giovani si credono invincibili” non sanno quanto hanno ragione. La disperazione non fa per noi, perché niente può ferirci irreparabilmente. Ci crediamo invincibili perchè lo siamo. Non possiamo nascere, e non possiamo morire. Come l’energia, possiamo solo cambiare forma, dimensioni, manifestazioni. Gli adulti, invecchiando, lo dimenticano. Hanno una gran paura di perdere, di fallire. Ma quella parte di noi che è più grande della somma delle nostre parti non ha inizio e non ha una fine, e dunque non può fallire."

Voto:

7 commenti:

  1. E' il mio libro preferito di John Green *_* anch'io mi ero sentita un pò parte di quel gruppo di amici e il personaggio di Alaska mi è piaciuto un sacco :)

    RispondiElimina
  2. È uno dei miei libri preferiti, l'ho letto tantissimi anni fa ♥

    RispondiElimina
  3. Ero molto curiosa nel leggere la trama di questo libro, e la tua recensione mi è piaciuta, penso proprio lo comprerò!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Che bello trovare altri fan di John Green! Convincere poi nuovi lettori ad avvicinarsi ai suoi libri non può farmi che piacere ^_^

      Elimina
  4. Non mi ha fatto impazzire come libro!
    Ho trovato Alaska abbastanza stereotipata:/

    RispondiElimina
  5. Io non ho letto Cercando Alaska, ma ho letto Città di carta. Sinceramente lo stile di Green mi piace, solo che non mi ha fatto impazzire la trama.
    Forse "Cercando Alaska" è più maturo? Dovrei leggerlo per scoprirlo. Comunque questa recensione è molto interessante, confrantare i due romanzi dello scrittore rende l'idea di base di entrambi i libri più completa: in fondo, chi di noi non ha mai idealizzato una persona?

    RispondiElimina

Se ne hai voglia, lascia un commento :D Sono interessato alle tue opinioni!

Instagram